La prima morte che ho vissuto, più o meno coscientemente, da bimba di sei anni, è stata quella del mio adorato nonno Felice. Quando mia madre mi disse: “Il nonno è volato in Cielo”, me lo immaginai munito di alucce e aureola, come nei dipinti di Raffaello. La sua morte mi stupì molto, soprattutto perché non avevo davvero idea di che cosa significasse. Pensavo che sarebbe ritornato, prima o poi, e saremmo andati in bicicletta assieme sull’argine, così come avevamo fatto molte volte. La sua morte mi rattristò molto, perché il nonno era all’epoca il mio migliore amico tra gli adulti e una presenza costante e sicura, un po’come la sua macchina color carta da zucchero, che, pur essendo vecchia, continuava ad andare in moto senza fare tante storie.
Dopo di lui ho subito, come tutti, altri lutti inevitabili – perché la morte è sempre inevitabile, a prescindere dall’età della persona che se ne va – ma ho sempre cercato di relegare la morte tra le “cose che ti succedono quando sei vecchia”. Di certo, mia zia non era per nulla vecchia quando morì, ma io ero così giovane, che non mi resi nemmeno conto di quanto presto se ne fosse andata.
Lo shock più devastante per me è stato quando, a 21 anni, un mio ex compagno di scuola delle elementari morì. Così, senza malattie, improvvisamente, mentre era in palestra.
In quel momento, la morte non mi fece paura. Mi fece solo incazzare. E me la presi con Dio. Con la Chiesa, la religione.
Non posso dire di essermi “calmata” nei loro confronti e sono felice di potermi professare tutto tranne che religiosa. La morte di A. mi distrusse letteralmente e portò la morte così vicina alla mia vita che desiderai io stessa di farne parte. Continuavo a chiedermi perché lui sì e io no.
Più avanti nel tempo feci pace con questa situazione: quando non si può cambiare qualcosa è del tutto inutile cercare una soluzione sperando nello stravolgimento della situazione.
Devi cambiare tu.
In seguito alla morte di A. iniziai ad avvicinarmi al pensiero della morte, per capirla e accettarla.
Ho capito qualcosa di molto importante e illuminante: il mio shock e la mia rabbia erano paura. Non paura di morire ma paura di non aver vissuto. Il coraggio di vivere appieno, accettare la gioia, la speranza, il desiderio e contemporaneamente l’orrore, la rabbia e la tristezza fanno di te una persona che vive appieno. A prescindere dal tuo Credo.
La morte diventa, allora, solo una naturale e sicura compagna a cui ti puoi abbandonare in ogni momento. Anche se hai 21 anni. Forse, A. lo sapeva già ed è per questo motivo che è arrivata la sua ora così presto. Ha avuto bisogno di 21 anni per arrivarci. Alcuni necessitano di cento anni.
Quello che mi rende fiduciosa è, che prima o poi, ci arriverò anch’io. E sarò pronta e serena.
I've seen so many family members,friends,and loved ones going away....One of the hardest things about getting on in years is experiencing your present becoming your past.Whole generations vanishing....Not just family members,loved ones,friends,mentors teachers...The musicians shaping me,my heroes in music,arts,film....It's not just about dying.The youthful,dynamic musicians of my youth becoming frail,sick shadows of themselves,the love interests and sex symbols of your youth becoming wrinkled,frail,withering beauty....It's all about parting.Well,one shouldn't dwell too much on the past.Life,music,arts and science have never been more interesting,diverse,manyfold,offering just so much more variety,accessibility,and freedom of choice today.
But....the acceptance of the simple fact that with advancing age today's present becomes the past can be pretty sad and disturbing,as i can tell...
Thank you for this wonderful,thoughtful,thought provoking,comforting…
21 ist krass....und viel zu früh, und man versteht und hinterfragt schon so viel in dem Alter. ich weiß noch als wir mit den Klassenkameraden in der 8. Klasse (so 12-13 waren wir) bei dem Abschied von unserer Freundin, die im Autounfall umgekommen ist waren. Das war damals einfach ein Schock für alle, nicht wirklich tiefgründiges Verständnis, aber eben ein Schock, ich weiß noch wie diese Stimmungs/Atmosphäre-Wende unter uns damals geschah. Wir hatten einen Jungen der oft Witze über Särge und Leichen gemacht hat, nach dem Tag eben nie mehr.
Denkanstoßend! Von der Seite "Angst zu haben vor eigenem Tod" habe ich das so gut wie nie betrachtet. Wenn nur aus dem Sinne, dass ich meinen Nächsten damit nicht Weh tun will.. Ich denke die meiste Angst ist vor dem Tod der anderen: nicht geschafft zu haben sie was zu fragen, sie noch einmal zu sehen, noch einmal zu umarmen, noch einmal zu sagen wie wichtig sie für uns sind und wie lieb wir sie haben.